S09.2 Catalogazione ed informatizzazione, R.E.I.S., L.I.M., teche e servizi di produzione multimediale (fototeca, cartoteca,nastroteca, filmoteca,biblioteca).
Un soffitto enciclopedia non più ripetuto e senza eguali, così Ferdinando Bologna ha definito il mirabile capolavoro dell’arte medievale siciliana che Manfredi Chiaromonte commissionò nel 1377 a Simone da Corleone, Cecco di Naro e Pellegrino Dareno, per la Sala Magna del suo palazzo palermitano: lo Steri.
Lo straordinario e multiforme tessuto pittorico, che si estende su travi, lacunari e mensole, è articolato in cicli iconici e narrativi tratti da poemi omerici, testi biblici, romanzi cavallereschi, arricchiti da decorazioni floreali e geometriche di derivazione moresca ed iscrizioni in lingua latina. Una fitta trama che, pur nella sua magnificenza rappresentativa, non risulta di facile lettura ed interpretazione.
Un progetto di documentazione analitica ed integrale, condotto dal Centro Regionale per il Catalogo e la Documentazione dei Beni Culturali in collaborazione con il Dipartimento di Rappresentazione dell’Università di Palermo, si è tradotto in una prestigiosa pubblicazione, in coedizione tra il Centro e l’Istituto Geografico Militare di Firenze.
Il volume, che presenta in sistematica sequenza le immagini a colori di tutte le parti del soffitto - 346 elementi suddivisi in travi, pannelli, lacunari, mensole - consente oggi una lettura dettagliata delle scene narrative, agevolata dagli apparati descrittivi che ne illustrano il contenuto.
Nel corso dei miei studi di codicologia comparata e di bibliologia, ho avuto modo più volte di notare come molti degli elementi costitutivi del libro antico a stampa sono simili a quelli dei manoscritti, sia occidentali sia orientali. Non è infatti un caso che l'arte della stampa fosse chiamata ars artificialiter scribendi, intesa come un'imitazione dell'ars naturaliter scribendi, cioè della scrittura dei manoscritti. Nel corso di questo volume, ho quindi cercato di descrivere le caratteristi che principali del libro antico in senso sia sincronico sia diacronico, cercando di descrivere gli elementi essenziali che lo costituiscono e la loro storia.
[…]
A conclusione di questo lavoro, ho un debito di gratitudine verso numerose persone. In particolare ringrazio il professor Antonino Giuffrida e il professor Momme Brodersen per avermi offerto l'occasione di tenere due cicli di lezione sul libro antico presso l'Università degli Studi di Palermo negli anni 2010 e 2011. Ringrazio poi la dottoressa Laura Cappugi, dirigente responsabile della U.O. XI del CRICD, per aver consentito l'utilizzo delle attrezzature specialistiche del suo ufficio per l'acquisizione di alcune immagini, e Rosalba Arcare che con competenza ha proceduto alla loro realizzazione. Un ringraziamento anche alla dottoressa Maria Maddalena Milazzo, i cui utili suggerimenti mi hanno consentito di rendere l'opera più leggibile e ad Anna Maria Guccia che ha pazientemente letto le numerose versioni di questo lavoro fornendomi consigli e suggerimenti. Un ringraziamento infine al dottor Enrico Carapezza, Commissario straordinario del CRICD, e alla dottoressa Giulia Davi, direttore del CRICD, per aver accettato di inserire quest'opera tra le pubblicazioni di questo Istituto.
Da una raccolta di libri antichi, apparentemente senza storia e disordinatamente collocati sulle mensole della biblioteca di una delle più belle dimore del periodo Liberty, Villino Favaloro (oggi di proprietà dell'Assessorato dei beni culturali e dell'Identità siciliana), si sviluppa un percorso volto a ricostruire l'identità dei proprietari e il loro ruolo nello spazio e nel tempo.
Si comincia dall'inventario e dalla catalogazione descrittiva di questi testi quasi esclusivamente di argomento giuridico, come momenti privilegiati per la loro conoscenza, sia dal punto di vista oggettuale, sia da quello contenutistico, per giungere all'individuazione della loro provenienza, facendo emergere una parte di storia patria ad oggi poco conosciuta.
La scelta di realizzare un catalogo delle prime collezioni di Antonio Pasqualino si spiega per una serie di ragioni e non soltanto perchè le opere di Gaspare Canino e Natale Meli rappresentano in qualche modo I'atto di fondazione del Museo stesso.
Ma anche perche i teatri di Canino per I'area occidentale e di Meli per I'area orientale, costituiscono gli esempi piu completi ed esaustivi del mestiere.
A queste ragioni si aggiunge ancora il fatto che le due raccolte presentano una valenza comunicativa piu accentuate rispetto ad altre, non dettata soltanto dalla sommatoria degli elementi che le compongono.
Quest'insieme di oggetti, correlati dai document! finora conservati e da tutti i ricordi di coloro che parteciparono a quella straordinaria vicenda culturale, oggi raccontano di un modo di fare, curioso anche se discreto e informale, che è al tempo stesso concreta metodologia scientifica e che ha ispirato I'incontro felice di Antonio Pasqualino con I'opera dei pupi. In questa instancabile passione, I'agire dello studioso fu sempre intimamente dettato da quella professionale del medico chirurgo: un intervento salvifico nei confronti di un'arte destinata al tramonto.
In queste pagine, i pupi e le marionette di Gaspare Canino e Natale Meli si ricompongono idealmente anche attraverso quella tessitura di ricordi, di vissuti inconsapevoli che ora vengono alla luce sotto lo spoglio di vecchie cartoline, di fotografie rispolverate dai cassetti, di lettere e di stralci di giornali, di registrazioni che rendono incredibilmente vive le voci degli anni Sessanta, altrimenti consegnate all'oblio. Questi materiali non sono meno importanti degli oggetti esposti nelle sale del Museo, in qualche modo li completano, restituendone la storia.
a cura di Selima Giorgia Giuliano, Orietta Sorgi, Janne Vibaek
Nell'immediato dopoguerra, di ritorno dalla prigionia in un campo di concentramento giapponese, Fosco Maraini intraprese una lunga ricognizione fotografica del Meridione italiano, con lo stesso sguardo appassionato e partecipe che aveva caratterizzato i suoi precedenti viaggi in Oriente.
Da questa esperienza prese avvio il progetto Nostro Sud, concepito nei primi anni Cinquanta con il giovane editore barese Diego De Donato, progetto che avrebbe dovuto condensare in un solo libro fotografico la grande ricchezza e varietà dei luoghi e della gente del Sud, ancora radicalmente contadino ma che i primi segni della ricostruzione postbellica avrebbero presto profondamente modificato. Per ragioni diverse, I'impresa non fu mai completata e il volume non vide la luce.
Nonostante siano rimaste per buona parte inedite, le immagini sul Meridione rappresentano forse il momento più alto della produzione fotografica di Maraini, ma anche quello più problematico e sofferto, che segna per l'autore I'inizio di un profondo ripensamento metodologico, e mette in evidenza le contraddizioni del cosiddetto paradigma neorealista.
Fosco Maraini (Firenze, 1912-2004), ha dedicato la sua vita alla ricerca e allo studio della condizione umana e all'incontro tra culture nelle diverse latitudini del mondo, dall'Asia centrale e orientale alle regioni del Meridione italiano. Compie le sue prime spedizioni in Tibet al seguito di Giuseppe Tucci, nel 1937 e 1948. Da queste esperienze nasce, nel 1951, Segreto Tibet, che sarà tradotto in dodici lingue e che porterà il lavoro etnologico di Maraini all'attenzione del pubblico internazionale. A partire dal 1939 si trasferisce in Giappone, dove rimane fino al 1946, e dove tornerà a più riprese, anche per lunghi periodi, divenendo uno dei più autorevoli e riconosciuti studiosi della cultura nipponica, che insegnerà nelle università di Oxford e di Firenze. Al Giappone sono dedicate alcune delle sue opere più significative: Ore Giapponesi (1957), L'isola delle pescatrici (1960), Japan. Patterns of Continuity (1971).
Appassionato di alpinismo, viene invitato nel 1958 dal Club Alpino Italiano alla spedizione nazionale al Gasherbrum IV (7980 m) nel Karakorum e I'anno successive e capo della spedizione italiana al Picco Saraghrar (7349 m) nell'Hindu Kush. II resoconto alpinistico ed etnografico di queste spedizioni costituisce I'argomento dei due volumi Gasherbrum IV. Baltoro, Karakorum, del 1959, e Paropàmiso, del 1963, che vengono ambedue tradotti in più lingue. Oltre a questi volumi, la produzione letteraria di Maraini conta libri di poesia metasemantica (Le fànfole, 1966 e Principii di Nubignosia, 1956) e un'autobiografia romanzata, Case, amori, universi (1999). Un'ampia selezione, significativa della sua produzione fotografica e presentata nella mostra e nel relative volume II Miramondo (1999). La sua Biblioteca Orientale e il suo Archivio fotografico sono conservati presso il Gabinetto Vieusseux di Firenze. Coordinamento tecnico-scientifico e contributo finanziario del CRICD.
Questi 3 volumi, corredati da 3 CD audio e da circa 500 immagini, intendono divulgare e valorizzare l'archivio e la nastroteca di Luigi Rognoni (Milano 1913-1986), custoditi presso l'Università di Palermo dov'egli insegnò dal 1958 al 1970, fondandovi l'Istituto di Storia della Musica e segnando una stagione culturalmente assai feconda.
Attraverso un apparato documentario prezioso ed eterogeneo (articoli, conversazioni ed interviste radiofoniche, carteggi regionali, locandine, programmi di sala, bozzetti, foto di scena, autografi musicali, fotografie con dediche) è illustrata la sua lunga e poliedrica attività di musicologo, studioso di cinema, animatore del terzo programma radiofonico della Rai, regista di teatro musicale, nonchè la fitta rete delle relazioni da lui stabilite con artisti e studiosi dell'intera Europa.
Il documentario realizzato dal Centro Regionale del Catalogo e della Documentazione ricostruisce la vicenda dell'opera dei pupi in Sicilia attraverso un racconto visivo a più voci, immediato e diretto, restituendoci le testimonianze autobiografiche dei più noti pupari della tradizione palermitana e catanese.
"Un'opera totale" quella dei pupi che, abbracciando diverse arti e tecniche artigianali costituisce una delle espressione più profonde dell'anima del popolo siciliano.
Dal 2008 l'UNESCO l'ha iscritta tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell'Umanità per le straordinarie peculiarità che questa forma d'arte sintetizza.
Le motivazioni sono diverse.
La trasmissione orale del repertorio letterario innanzitutto, che ancora oggi, nell'era veloce della tecnologia viene affidata dal maestro all'allievo con sapienza, cura e pazienza artigianale.
Inoltre, l'opera dei pupi ha avuto nel corso del tempo una funzione sociale rilevante accogliendo al suo interno personaggi e storie colti dall'attualità e intrecciando con i racconti dei paladini, le cronache e le tensioni politiche del tempo.
E tra passione e incantamento il pubblico di ogni età, come in un rito catartico, attraverso le gesta degli eroi, faceva esperienza gioendo o piangendo di ideali e valori universali.
Anche per queste ragioni, siamo grati al Centro che ha voluto, con questo DVD, promuovere la conoscenza e la valorizzazione di un'arte straordinaria, riscoperta negli anni Sessanta e Settanta attraverso l'opera instancabile di Antonio Pasqualino e che ancora oggi racconta a ciascuno di noi il gran" cunto" del mondo e della vita.
Carlo Vermiglio
Raccontare la magia, il chiaroscuro poetico e /'incantamento dell'opera dei pupi è impossibile; bisogna vederla, entrare a farne parte.
C'è tutto, dentro.
L'epos eroico e la tradizione del teatro di figura, forma drammatica antichissima e archetipica nella tipizzazione di " maschere" che identificano i vari tipi umani con i loro vizi e le loro virtù (e viene da pensare a Teofrasto e ai suoi Caratteri).
L'affabulazione del" cuntu" , la musica e la pittura popolare - con le scene dipinte che richiamano la tavolozza cromatica e l'espressività del segno nella decorazione dei carretti siciliani.
La creatività dell'artigianato locale: il puparo prima ancora che artista e cantastorie è innanzitutto creatore dei pupi, intagliati nel legno cui infonde linfa vitale e caratterizzazione individuale.
E c'è, ancora, il profumo del tempo.
Quello della Sicilia della seconda metà dell'Ottocento che ammaliò il Pitrè, fattosi storico delle tradizioni popolari in un mondo che già si avviava alla modernizzazione industriale post-unitaria.
Quello delle masse contadine inurbatesi nelle maggiori città siciliane, a Palermo, Catania, Messina, cui l'opera dei pupi restituisce un canovaccio drammatico e una trama mitica, sufficientemente lontana nella storia - le imprese dei paladini, la Chanson de Roland - da potere essere utilizzata per leggere in controluce gli intrecci della vicenda contemporanea senza rischiare di perdersi in pericolose sovrapposizioni con la cronaca: il re Carlo Magno, l'eroe buono e coraggioso (Orlando), la donna angelicata, i cattivi per antonomasia (Ferraù e gli altri capi saraceni; il gran traditore Gano di Magonza), in mezzo a duelli, prove di onore e tradimenti, un codice di comportamenti che riflette i valori di integrità e purezza più sentiti e ammirati dal popolo.
Insignita del titolo di bene immateriale dell'umanità dall'Unesco, l'opera dei pupi è uno dei tasselli - uno dei più significativi ¬attraverso cui si identifica /'identità siciliana, ed è questa la ragione per cui in un'epoca come la nostra, in cui domina la piattezza della omologazione globalizzata, la difesa di un'arte tipica e popolare, un autentico mondo di creatività e di tradizione, costituisce un antidoto contro la perdita di memoria e di senso, uno spazio di rigenerazione fantastica al posto della bulimia di consumo culturale indistint, apolide e fine a se stesso.
Guardiamo gli occhi di un bambino mentre guarda l'opera dei pupi. E capiremo perché Leonardo Sciascia diceva che è un rito e che" bisogna credere".
Il Centro Regionale per l’Inventario e la Catalogazione è l’ente preposto alla funzione organizzativa dell’attività catalografica svolta dalle Soprintendenze, dai Musei e dalle Gallerie del territorio regionale. L’art.9 della legge regionale 116/80 attribuisce al Centro, tra gli altri, il coordinamento delle attività di censimento, schedatura, documentazione e catalogazione, in armonia con le norme statali in materia di catalogazione”. Il Centro conserva e gestisce gli archivi fisici e digitali delle schede catalografiche, relative ai beni di cui alla legge regionale 80/77. Promuove, altresì, l’attività di valorizzazione dei beni culturali attraverso azioni che rendano visibile il patrimonio informativo posseduto. Esso fornisce, inoltre, il materiale necessario per le pubblicazioni scientifiche. Da alcuni anni, il Centro ha intrapreso collaborazioni con le Istituzioni scolastiche, con il proposito di avvicinare gli studenti delle scuole al tema della valorizzazione e catalogazione dei beni culturali. Focalizzare l’attenzione degli studenti verso una corretta fruizione del nostro patrimonio culturale è fra gli obiettivi dei progetti di didattica affrontati da questo Centro di concerto con le scuole. Attraverso l’acquisizione delle metodologie proprie della catalogazione, si sensibilizzano, infatti, i giovani sui temi della tutela e salvaguardia. Il progetto “A scuola di catalogazione: il Castello di Maredolce” ha visto coinvolte le scuole dei tre gradi di istruzione; si è creata una sinergia fra questo Centro e l’Istituto Comprensivo Padre Pino Puglisi, la scuola secondaria di I grado “Salvatore Quasimodo”, il liceo artistico “Giuseppe Damiani Almeyda”. Al progetto hanno partecipato l’Associazione culturale Castello di Maredolce e le Guide Turistiche associate della provincia di Palermo con l’obiettivo comune di valorizzare uno dei monumenti più interessanti del territorio, il Castello di Maredolce, ricadente in una delle aree più degradate della città. Questo Centro ha messo a disposizione le proprie competenze in materia di catalogazione, fornendo dei modelli schedografici “semplificati” per gli alunni delle scuole. Esso ha svolto attività di formazione ai docenti e agli studenti sulle finalità della catalogazione, sui contenuti delle schede e le metodologie per la compilazione. Il Centro si è impegnato, inoltre, in attività di laboratorio con gli studenti, durante le fasi di compilazione delle schede di catalogo relative al manufatto architettonico e ai reperti archeologici in esso rinvenuti. Gli elaborati degli studenti sono stati presentati in una mostra allestita in occasione di due workshop che ha coinvolto tutti i partner del progetto.
Il volume raccoglie in apertura una serie di saggi interdisciplinari che si interrogano, da diversi punti di vista, sul concetto di trame. Non un catalogo in senso convenzionale quindi, ma uno strumento ragionato che ripercorre la genesi di uno spazio simbolico, multiforme e diversificato, un unicum nel panorama culturale della Sicilia. Sotto il concetto di trame si ripropone infatti la vicenda emblematica di Gibellina, il paradigma di un luogo visibilmente trasformato dopo il terremoto: da comunità contadina a città fantastica, nel segno dell'utopia e della rinascita. In quest'ottica il Museo viene qui considerato come una tappa di un percorso in fieri, una risorsa diffusa sul tutto il territorio dove artisti e poeti hanno impresso il segno del loro operare. Non criteri quantitativi ma qualitativi hanno ispirato la struttura scientifica dell'opera, frutto di una selezione e presentazione di oggetti, il più possibile rappresentativi a evidenziarne le trame nei vari percorsi espositivi, dall'antichità al contemporaneo, dai decori dell'arte colta ai manufatti della vita quotidiana. Al volume è allegato un documentario di Salvo Cuccia dal titolo “Ludovico Corrao e il Museo delle trame mediterranee”, prodotto da Abracadabra nel 2012 per RAI education, e gentilmente concesso al CRICD che lo ha per la prima volta editato. Nel video si ripropone la vicenda esistenziale di Ludovico Corrao, dai movimenti contadini con Danilo Dolci, alla ricostruzione di Gibellina dopo il terremoto. Infine il Museo delle trame quale coronamento del suo “sogno mediterraneo”.
Ludovico Corrao e il Museo delle Trame mediterranee
Regia di Salvo Cuccia
prodotto da Abra & Cadabra per Rai Educational, 2012
Uno strumento che illustra attraverso un corpus selezionato di oggetti il senso ultimo delle trame simboliche e dunque degli incroci, degli scambi e degli intrecci fra popoli di tradizioni culturali diverse, ricadenti nel bacino del Mediterraneo, dove Gibellina assume un ruolo di assoluta centralità. Al volume si accompagnerà il documentario di Salvo Cuccia: "Ludovico Corrao e il Museo delle trame del Mediterraneo", che ripercorre la straordinaria vicenda esistenziale dell'artefice della grande trasformazione di Gibellina.